E non si poteva sperare di meglio che tanta, tantissima pioggia per dare il via a questo celeberrimo musical, considerato anche il migliore di tutti i tempi, per non parlare dell’ancor più celebre film. Come dei novelli Gene Kelly tutti abbiamo danzato nelle pozzanghere per entrare a Teatro. Qui in palcoscenico il famoso ombrello è stato aperto da Giuseppe Verzicco e Mauro Simone si è infilato i costumi di Cosmo, l’amico musicista che ha l’idea di trasformare un noiosissimo film muto di cappa e spada in musical, adeguandosi alla grande trasformazione in sonoro del cinema. Prende il via così, tra platea e palco, uno spaccato della prima Hollywood, già preda di produttori assetati di denaro, dive incapaci e divette in cerca di fortuna. Qui, in questa nuova produzione di Stage Entertainment, con la regia di Chiara Noschese, già protagonista nell’edizione di qualche anno fa con Manuel Frattini e Raffaele Paganini, porta la firma per le coreografie di Fabrizio Angelini. Scelta azzeccata la sua -aderente al format- e la danza protagonista con ben sei numeri di tip tap che coinvolgono i protagonisti e l’intero gruppo. Mauro Simone-Cosmo, naturalmente la fa da padrone, come nel film, rendendo veramente arduo il superarlo anche in simpatia e battute sagaci. Verzicco ha il fisique du rôle, bello, è disinvolto nella recitazione, meno nella danza, ma sa essere con sicurezza protagonista. Chi esce in modo esplosivo, accompagnata da sinceri applausi a scena aperta, è Martina Lunghi. La svampita Lina Lamont che si destreggia con grande naturalezza nell’intrigato gioco verbale e musicale della “stonata”, lei che ha una bella voce e che sa metterla magnificamente al servizio della parte. Plauso a questa bella ragazza, interprete con convinzione. Lasciata un po’ in ombra la Katy di Gea Anzelotti, anche se ha un ottimo tip tap. Dialogo in italiano e -come al solito- canzoni tradotte, operazione quest’ultima che non condividiamo. Per fortuna rimane inalterata Singin’in the Raine e qui -è il caso di dirlo- piovono gli applausi. A. Marsotto Lascia un commento |
![]() Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall’informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfondecon l’elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l’affermazione dell’idea contro le potenze del caos all’esterno, così come contro l’inconscio all’interno, ove tali potenze si ritirano irate. Oswald Spengler, da “Il Tramonto dell’Occidente”, traduzione italiana edita da Guanda nel 1991 ![]()
![]() Amisano Anna Razzi Armando Torno Arte Aurora Marsotto BALLETTO Bejart Bolle Brescia Carla Fracci Casta Corriere della Sera Crisi Cultura Danza Editoria Einaudi Fotografia Genova Gerardo Mastrullo Giselle Giuseppe Verdi Governo il Sole 24 Ore Lago dei Cigni libri Londra Mario Monti Milano Mostre Musica Nicoletta Manni Parigi Pittura Qui Libri Riccardo Muti Roberto Bolle Roland Petit Roma Rudolf Nureyev Tasse Teatro TEATRO ALLA SCALA Teatro alla Scala di Milano Teatro Strehler WP Cumulus Flash tag cloud by Roy Tanck requires Flash Player 9 or better. |