BOLSCHOI ALLA SCALA
La grande attesa per il ritorno dopo undici anni della compagnia del Teatro Bolscioi di Mosca non è andata delusa. Due i titoli rappresentati in sei giorni di permanenza milanese: preziosità tecniche e stilistiche profuse in La Bajadère, balletto che rappresenta l’eccellenza del teatro moscovita, qui nella versione che Yuri Grigorovich allestì nel 1991, poi rivisitata nel 2013 e La Bisbetica domata, creata per il Bolscioi nel 2014 da Jean Christophe Maillot direttore dei Balletti di Montecarlo. Ritorno emozionante anche per Macha Vaziev, oggi alla guida della compagnia russa, ma per sette anni lo fu del Ballo scaligero che ricostruì tecnicamente, dando forza e smalto ancora ben presenti. E il legame tra i due teatri si è ancora di più concretizzato con la presenza di Jacopo Tissi, formatosi alla Scuola di Ballo della Scala, che seguì poi Vaziev a Mosca. Ora, il ventitreenne lombardo nominato solista principale, nella terza ripresa di La Bajadère ha interpretato Solor con la giovanissima Alëna Kovalëva nella parte di Nikiya. Serata speciale, questa, alla quale hanno partecipato emozionati compagni di studi, insegnanti scaligeri, ma i quindici minuti di applausi sono stati ben meritati. Tissi ha dimostrato di aver appreso pienamente lo stile del balletto e ha stupito anche per l’eccellente tecnica raggiunta. Qualità espresse anche dalla bella Kovalëva, doti che non possono mancare agli interpreti di questo balletto creato da Petipa nel 1877 e ambientato in una sognata India. Celebre per l’Atto delle Ombre e ancora più celebre se a eseguirlo sono le danzatrici russe: sempre perfette per linee la loro discesa dall’Himalaja. Altre étoiles hanno contribuito al successo nelle serate precedenti Svetlana Zakharova e Denis Rodkin e Olga Smirnova e Semyon Chudin. Un plauso va alle otto morettine della scuola di ballo scaligera (del secondo e quarto corso) e alle due piccole ancelle, molto apprezzate tutte dallo stesso Vaziev. Poi ecco irrompere La Bisbetica domata in una versione glamour, minimalista e con un tocco di musical, com’è nella vena di Maillot. Grandiosi tutti gli interpreti soprattutto i due protagonisti, Ekaterina Krysnova e Vladislav Lantratov, che con Olga Smirnova e Semen Cudin, danno una splendida dimostrazione di versatilità artistica. A loro si deve forse il grande successo di questo lavoro che ha vinto tre Maschere d’Oro e applaudito già in moltissimi teatri. Il gioco shakesperiano è rivisitato non sempre in chiave grottesca e sagace. Intense e sensuali le scene d’amore. Spesso però prevale l’irruenza fisica e in questo momento storico vedere Caterina e Petruccio prendersi non solo a schiaffoni, porta un po’ di fastidio anche se i due interpreti sono atleticamente superbi. Ma le pagine di Dimitri Shostakovich, quelle scritte per i film, jazzate e riorchestrate da Igor Dronov che le ha dirette con maestria per l’orchestra Verdi, hanno sostenuto tutto il tessuto coreografico con quella sofisticata linearità che ben riconosciamo anche alle scene di Ernest Pignon-Ernest, alle luci di Dominique Drillot e ai costumi di Augustin Maillot, compagni delle mille avventure di Maillot. La tournée del Teatro Bolschoi appartiene al Festival “Stagioni Russe” che coinvolge l’Italia come capofila europea. Lascia un commento |
![]() Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall’informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfondecon l’elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l’affermazione dell’idea contro le potenze del caos all’esterno, così come contro l’inconscio all’interno, ove tali potenze si ritirano irate. Oswald Spengler, da “Il Tramonto dell’Occidente”, traduzione italiana edita da Guanda nel 1991 ![]()
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Puntuale, competente, attenta, sensibile e di linguaggio chiaro. Una recensione come poche se ne vedono oggi.
evviva Mamurio!