CIRCO MASSIMO 2020
Da Caracalla al Circo Massimo. Trasloca il Teatro dell’Opera in questa strana estate dove si cerca di obbedire alle tante restrizioni e alla gran voglia di tornare in scena. Qui a Roma si è lavorato di fino e il programma di quest’anno -dato il momento- è sicuramente buono e azzeccato. Il nuovo palcoscenico, un luogo ideale di 1500mq, ospiterà opere e balletti dal 16 luglio al 13 agosto per una platea da 1500 posti. Numeri stratosferici per quest’anno. Il primo ad andare in scena è stato Il Rigoletto con un parterre de roi: Presidente della Repubblica, cinque ambasciatori e alte nostre rappresentanze, non che la diretta su Rai5. Alta la curiosità per questa trasposizione nella nuova versione di Damiano Micheletto, con la celebre opera di Verdi calata in una balorda periferia anni’80, fatta di pochi elementi scenici -per mantenere le distanze- e effetti speciali live. Il tutto sotto la bacchetta di Daniele Gatti. L’opera rappresentata su tre piani visuali: spettacolo, filmati live di tre operatori steadycam e clip preregistrate -ben dosate questi ultimi sul maxischermo- ha premiato soprattutto la figlia di Rigoletto-Roberto Frontali-, Gilda interpretata col dolce freschezza da Rosa Feola, alla quale i primi piani hanno molto donato come la sua intensa voce. Secondo titolo del cartellone, dal 22 luglio, sarà Il barbiere di Siviglia. Seguirà il 25 luglio la prima assoluta di un nuovo balletto dal titolo Le quattro stagioni, musica di Vivaldi, nella coreografia di Giuliano Peparini che l’ha creato per il balletto del Teatro, con una parte recitata da Alessandro Preziosi. Danzeranno con la compagnia, Rebecca Bianchi e Alessio Rezza. Poi, il 31 luglio, si passerà all’operetta. Esecuzione in forma di concerto de La Vedova Allegra diretta da Stefano Montanari. Chiuderanno il cartellone due preziosi recital: il 6 agosto canterà Anna Netrebko e il 9 Yusif Eyvazov diretti dal maestro Jader Bignamini. Tutti gli spettacoli si replicheranno sino a Ferragosto, da consultare il tutto sul sito del Teatro dell’Opera. A. M. Lascia un commento |
![]() Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall’informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfondecon l’elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l’affermazione dell’idea contro le potenze del caos all’esterno, così come contro l’inconscio all’interno, ove tali potenze si ritirano irate. Oswald Spengler, da “Il Tramonto dell’Occidente”, traduzione italiana edita da Guanda nel 1991 ![]()
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