TEATRO ALLA SCALA
Dopo il grande successo della tournée in Cina dell’agosto scorso va in scena sino all’8 ottobre al Teatro alla Scala di Milano l’intramontabile Giselle con la compagnia scaligera ancora fresca del grande tributo ricevuto. Lo stesso donato dal pubblico milanese alla prima che ha visto in scena due ospiti internazionali, Svetlana Zakharova e David Allberg. E’ un balletto che regala sempre nuove emozioni perché l’originale coreografia di Coralli-Perrot, poi rivisitata da più nuove mani -qui alla Scala ci si rifà a quella ormai storica di Yvette Chauviré- lascia ampio margine all’interpretazione della protagonista. Carla Fracci ne fu un esempio forse irraggiungibile per il perfetto equilibrio tra primo e secondo atto: le sue emozioni terrene e soprannaturali sono sempre in sincronia. Ma maestro fu per lei Anton Dolin. Negli anni qualcosa è evaporato e non tutti ormai seguono i canoni tradizionali e capita sempre più spesso che l’immagine un po’ ingenua di Giselle e il suo sacrifico d’amore si interpretino in chiave più personale e non intendiamo le emozioni che ogni artista inserisce inconsapevolmente. In campo classico -in quello contemporaneo Matz Ek e altri hanno dato delle ottime prove- ne sentì il bisogno la grande Sylvie Guillem, che dopo essere stata Giselle nella tradizione, ne creò una sua versione per il Finnish National Ballet presentata anche alla Scala. Svetlana Zakharova, ha sempre adattato Giselle alle sue straordinarie capacità tecniche e anche alle sue emozioni, parecchio lontane però dall’ingenua contadinella. In questa ripresa settembrina ha messo ancora di più in evidenza la sua tecnica cristallina, ha accelerato i tempi del suo incredibile manege, dando a tutto lo spettacolo una velocità nuova. In questo febbrile contesto l’Albrecht dell’americano David Hallberg, principal all’American Ballet e primo danzatore americano a essere anche in forze al Bolscioi, ha posto, invece, l’accento sull’umanità del personaggio, regalandoci ancora la sua stupenda diagonale, tralasciando però altre preziosità tecniche che un brutto incidente ormai gli nega. Il suo portamento aristocratico, dai contorni amletici, ha riportato a tratti il balletto entro la sfera più emotiva ed originale. Bravi tutti i nostri co-protagonisti, Alessandra Celeste Losa, Mick Zeni, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Riccardo Massimi, Alessandra Vassallo, Emanuela Montanari e le sei amiche di Giselle che hanno accettato la sfida lanciata dalla Zakharova. Meno l’orchestra dell’Accademia diretta da David Coleman, che ha cercato di assecondarla, ma non privilegiando i tempi dolci e drammatici della musica di Adolph Adam e i suoi colori vibranti, non ha restituito la magia di Giselle. Ma in scena sino all’8 ottobre altre due coppie, nostre scaligere, indosseranno i panni di Giselle e Albrecht, Vittoria Valerio e Claudio Coviello (ancora il 3), Nicoletta Manni e Timofej Andriashenko (il 30 settembre, pomeridiana del 3 e serale dell’8). E sarà forse tutta un’altra storia. Lascia un commento |
![]() Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall’informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfondecon l’elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l’affermazione dell’idea contro le potenze del caos all’esterno, così come contro l’inconscio all’interno, ove tali potenze si ritirano irate. Oswald Spengler, da “Il Tramonto dell’Occidente”, traduzione italiana edita da Guanda nel 1991 ![]()
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